Famiglia e Mezzogiorno, una opportunità per la rinascita dell’Italia

Nelida Ancora – Presidente Ucid Lamezia Terme

Il documento preparatorio della CEI alla 47° settimana sociale dei cattolici italiani sul tema “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana” (Torino, 12-15 settembre
2013) nell’ultima parte suggerisce di: “leggere i bisogni e le potenzialità dei diversi territori, con particolare attenzione a quelli del’agricoltura, del turismo e dell’ambiente”(n.20, par. 2)

Questo è un invito al discernimento ed al dialogo con la società civile e con le diverse istituzioni del territorio per riflettere sul tema della famiglia come cerniera fondamentale tra la vita privata, umana, personale e religiosa, e quella pubblica della partecipazione alle vicende sociali e politiche della “comunità”.

La grave crisi  economico-finanziaria mondiale, che da cinque anni sta paralizzando l’economia reale in molti Paesi ed in particolare in Italia ed Europa, richiede una forte iniziativa nel campo del lavoro e dello “sviluppo”- anziché crescita – , parola chiave della Dottrina Sociale della Chiesa.

Abbiamo bisogno, come ebbe a dire il Papa Emerito Benedetto XVI nella Caritas in Veritate, di una “governance mondiale” che distingua la carta-denaro delle persone e che favorisca lo sviluppo reale con politiche di rafforzamento del bene comune.

Bene comune e territorio sono strettamente collegati, come si può desumere anche dalle politiche europee sempre più attenti alla dimensione locale, un binomio che evidenzia ancora di più lo  squilibrio territoriale presente nel nostro Paese, tra Nord e Sud, un Sud dove  si registrano allarmanti situazioni di emergenza sociale.

1 – Sviluppo del Mezzogiorno: lo
scenario futuro

Obiettivo strategico per gli anni a venire è operare affinché il Mezzogiorno diventi protagonista in un nuovo processo economico nel sistema di una  “economia sociale di mercato”.

Non è pensabile che l’Italia possa svolgere un ruolo determinante nella costruzione di una
Europa innovativa e competitiva a livello mondiale   per il prossimo futuro senza la “ri-soluzione” della “questione meridionale”.

Gli strumenti volti a concretizzare l’obiettivo strategico di un Mezzogiorno pienamente integrato nel sistema Paese sono ben noti da tempo, numerosi i documenti ed i convegni profusi negli ultimi 50 anni, a tutt’oggi però il divario tra il Nord ed il Sud d’Italia è una amara e preoccupante realtà.

Ricordiamo alcuni strumenti

a)    Un sistema di incentivazione semplice, chiaro e trasparente che eviti spreco di
risorse e che sia facilmente accessibile da parte delle imprese;

b)   Ammodernamento e completamento del sistema infrastrutturale che faccia leva sui veri nodi logistici e dell’intermodalità

c)    Miglioramento delle condizioni di sicurezza in tutti i campi e tutti i settori comprese le
zone turistiche e le aree urbane;

d)   Rafforzamento e trasformazione dei rapporti di collaborazione tra sistemi
scolastico-universitario, produttivo e bancario;

e)    Miglioramento delle condizioni dell’esercizio dell’attività d’impresa dal punto di vista di regole certe, di funzionamento della giustizia civile, del lavoro regolare, della cultura della legalità, del contrasto delle frodi e della criminalità;

f)    Contrasto all’economia ed al lavoro sommersi;

g)    Valorizzazione  dei centri di eccellenza del sistema scientifico ed universitario, al fine di promuovere relazioni tra scienza-tecnologia-territorio-mercato e di collegare l’innovazione all’utilizzo delle risorse presenti nei vari territori meridionali.

Adesso è giunta l’ora di interrompere il ciclo delle conferenze ed impegnarsi a  declinare i
principi e le analisi maturate in questi anni e sperimentare progettualità concrete.

L’idea che il Sud costituisca la nuova, grande opportunità di sviluppo del Paese ormai non è più da considerare un’utopia, bensì un obiettivo realizzabile e necessario per lo sviluppo dell’Italia tutta.

Sul piano delle idee è un passo avanti, a condizione però che tutta la classe dirigente del paese (culturale, economica-finanziaria, sociale, politica e non ultima religiosa) ponga finalmente il riequilibrio territoriale e quindi lo sviluppo e l’integrazione del mezzogiorno in testa alle priorità di intervento politico.

Solo così sarà possibile rimuovere ostacoli e condizionamenti ormai storici ed assicurare a questa importante parte del territorio  di poter partecipare a pieno titolo nella competizione mondiale.

Non più assistenzialismo e sussidio, ma incremento di produttività e di efficienza diffusa sia nel settore privato che in quello pubblico.

Non vi è dubbio che il Sud possa svolgere un ruolo importante nel campo dell’ innovazione sociale, nel ripensamento del welfare, percorrendo le linee già indicate dall’Unione Europea.

Questo percorso potrebbe offrire al Mezzogiorno l’opportunità di diventare “area leader” nell’attrazione degli investimenti economici nazionali ed internazionali.

Componente determinante per il successo di questa strategia sarà una lungimirante politica europea per l’immigrazione volta a valorizzare le potenzialità derivanti dalla
“diversità”.

Per la riflessione:  Quale ruolo della famiglia?

Se il rilancio del Mezzogiorno dovrà passare necessariamente anche  attraverso un nuovo processo economico andrà avviata una riflessione importante anche sul ruolo della economia familiare.

Molte imprese familiari operanti nel Sud, seppur con moltissime difficoltà per problemi ben noti, mantengono posizioni di rilievo anche a livello internazionale, forse proprio partendo da loro si potrà delineare una road map su cui far camminare  il
rilancio del nostro Sud.

Riflettiamo sul ruolo svolto dalle imprese familiari storiche ed il ruolo relazionale e di valore socio economico da loro svolto nel territorio di insediamento, forse loro più di altri potrebbero guidare un nuovo processo di sviluppo.

2 – Il Mezzogiorno nuova frontiera per
lo sviluppo dell’area Euromediterranea

Il Mezzogiorno rappresenta una opportunità per lo sviluppo di tutto il Paese, essendo collocato al centro dell’area euro mediterranea, basta guardare una carta geografica per  rendersene conto, potrebbe svolgere un ruolo trainante per l’integrazione e lo sviluppo della stessa area.

Il popolo meridionale ed in particolare le imprese, consapevoli dei profondi legami storici e culturali che legano i popoli del mediterraneo, oltre alla prossimità geografica, fanno di questo bacino un potenziale mercato  dell’Italia.

I paesi della riva sud vanno considerati come partner privilegiati, che meritano, nonostante i capovolgimenti recenti – e forse ancor più per questo – un attenzione speciale da parte dell’Italia e soprattutto dell’Europa.

Così come è stato possibile avviare con i Paesi dell’Europa centrale ed orientale speciali programmi di cooperazione economica, dopo la caduta del muro di Berlino (1989),  così dovrebbe essere  fatto con i paesi partners mediterranei, un circolo virtuoso di investimenti di crescita e di scambi.

Il successo del partenariato euromediterraeo *) è una questione di interesse strategico per  tutta l’Europa, ma non vi è dubbio che l’Italia sia il Paese  dal quale  si aspettano le iniziative più decisive.

Una tale strategia potrebbe segnare per il nostro paese  la conquista di una  centralità economica e politica  compromessa negli ultimi anni  dall’  enorme debito pubblico,   dalla  forte decrescita  e dall’ allargamento delle frontiere europee verso l’est, una inversione di tendenza volta a creare nuova occupazione.

Colpisce come l’incalzante e rivoluzionaria novità proveniente dai paesi teatro della primavera araba non apra un serio dibattito di prospettiva socio-politica del nostro continente.

Un silenzio ingiustificato per noi cristiani chiamati a collaborare al fine ultimo : la Pace (già Paolo VI nella Populorum Progressio aveva definito: “la pace è il nuovo nome dello
sviluppo”
, 1967)

Le rivolte sociali che si stanno diffondendo nel mediterraneo e nei paesi del sud europa sono frutto di rivolte giovanili, il bisogno del lavoro, di una vita migliore spinge milioni di giovani a lottare per costruire la speranza di un futuro e a varcare le frontiere.

Una crisi sociale frutto di una crisi economica, ancorchè antropologica, che impone la necessità di elaborare un nuovo modello di sviluppo che sappia coniugare dimensione locale e dimensione globale, relazionare diverse culture e religioni e, ultimo ma non meno importante, sappia costruire l’alleanza tra il mondo del lavoro, la salute e la tutela dell’ambiente.

Torniamo, per concludere, alla riflessione iniziale, al
quesito finale posto nel documento preparatorio della Settimana: “In quale modo
la famiglia può essere responsabilizzata e aiutata nell’opera di orientamento
dei figli alla scelta di una professione?”.

La risposta non può che essere una: in un mondo globalizzato, fortemente condizionato dalle nuove tecnologie, il futuro dei giovani non appartiene più alla sola famiglia ed alla sua capacità di orientamento ma è responsabilità di tutta la società nelle sue varie componenti istituzionali, culturali, sociali, economiche, educative e formative – incluse quelle religiose – , una società  aperta al mondo.

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*)    Il partnenariato euro mediterraneo, varato nel novembre 1995 , dalla dichiarazione di Barcellona, con l’intento di creare attorno al bacino un’area di pace, stabilità e prosperità, coinvolge oggi 38 Paesi: i ventotto Stati membri dell’UE nonché la Turchia (Paese candidato) e 9 Paesi terzi mediterranei (Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Siria, Tunisia ed Autorità Palestinese).

Il partenariato si articola in tre
parti principali:

a)     Politico e di sicurezza : mira a
realizzare uno spazio comune di pace e stabilità;

b)    Economico e finanziario:   intende
consentire la creazione di una zona di prosperità condivisa;

c)     Sociale, culturale ed umano: intende
svilupparle risorse umane e favorire la comprensione tra culture e gli scambi
tra le società civili

 

Articolo pubblicato sulla Rivista “La Società” , numero dedicato alla 47° Settimana Sociale dei Cattolici Italiani Torino 12-15 Settembre 2013

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