La via della Pace tra Russia ed Ucraina e il ruolo cruciale dell’Onu

Due mesi fa iniziava il primo attacco Russo all’Ucraina, la guerra.

Qualche settimana fa di fronte al disumano ed imprevedibile sviluppo della guerra tra Russia ed Ucraina, una guerra apparentemente locale, di fatto mondiale, convinti della necessità di avviare un costruttivo e credibile dialogo tra le parti, consapevoli dei nostri limiti, da comuni cittadini, avevamo lanciato una provocazione, una silente preghiera ispirata dalla testimonianza di San Francesco, maestro di dialogo. Dialogo, che per essere autentico, deve fondarsi sul rispetto dell’altro. (http://www.lametino.it/Economia-di-Pace/la-via-della-pace-tra-russia-e-ucraina-ci-vorrebbe-san-francesco.html ).

Più passano i giorni e più si affievolisce la speranza di una tregua e soprattutto dell’avvio di un dialogo “autentico”.

Ci tornano in mente le parole pronunciate da Papa Francesco qualche giorno fa nel corso di una intervista “…difficile dirlo, ma il mondo ha scelto lo schema di Caino, di uccidere il fratello” (https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2022-04/papa-francesco-intervista-sua-immagine-lorena-bianchetti-guerra.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterVN-IT). Queste parole di fronte alla fraternità negata e violata ogni giorno di più, nel corso di questa assurda guerra, ci invitano a riflettere sulla  domanda che è scaturita dal cuore di Caino, in risposta alla richiesta di Dio di dove fosse il fratello Abele: “sono forse io il custode di mio fratello?”. Con forza e determinazione sosteniamo che la sfida di fronte a tutti noi, umanità intera, oggi è saper costruire una risposta comune che non può che essere “SI”: ognuno di noi è chiamato a custodire e promuovere la vita del fratello.

La politica, quella “buona”, ha lo sguardo lungo, perché guarda al futuro. Mentre cerca di interpretare la realtà quotidiana in cui è immersa, si preoccupa del domani, guarda al futuro della vita dell’umanità e del pianeta, pensa ai più giovani e ai più piccoli, si interroga su come dare risposte alla loro sete di futuro. Se l’origine da cui scaturisce la violenza è il cuore degli uomini, allora è fondamentale percorrere il sentiero della non violenza in primo luogo all’interno della famiglia e poi nel nostro vivere in società.  Nonostante il buio, continuiamo a vedere una piccola luce nei prossimi incontri che il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, avrà la prossima settimana a Mosca e a Kiev (https://news.un.org/en/story/2022/04/1116562 ). Confidiamo in un miracolo possibile e necessario: che possa prevalere il senso della realtà da parte di tutti i protagonisti concordando azioni per una immediata tregua, preludio alla costruzione di un domani per le generazioni future, che sappia coniugare le radici del passato con la sfida del futuro per promuovere “uno sviluppo umano integrale”.

Da dove iniziare?

Dalle origini dell’umanità: Dopo il silenzio (bohu = vuoto, silenzio) di Dio (Gn 1, 1-2), Dio disse: Fiat lux e la luce fu (Gn 1,3 = e scoccò la scintilla) …E Dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza, maschio e femmina li creò (Gn 1,26-27) (1). Ecco le origini dell’umanità, dopo la creazione del mondo Dio creò l’uomo e la donna riconoscendoli con-creatori del loro futuro donando loro: libertà, intelletto e volontà. Tutti uguali nella diversità, tutti della stessa essenza, tutti dono del Creatore, tutti con il diritto di vivere della creazione.Dio, Bontà infinita (bonum diffusivum sui – cfr. Bonaventura, Collationes in Hexaёmeron, I, 17, vol. V, p.332), ha voluto la nostra partecipazione alla realizzazione dei disegni divini; rendendoci co-creatori affidandoci la gestione dell’universo.  Per affrontare il futuro, un futuro di fraternità dobbiamo guardare alle nostre origini, dobbiamo tornare al “Creatore”, a Dio, come garante del Supremo Bene. Il pensiero francescano ci riporta a meditare sulle nostre origini. Il sogno della visione francescana è ben descritta nel dipinto dell’”Allegoria del Buon Governo” di Ambrogio Lorenzetti (1338-1339) nel Palazzo Pubblico di Siena: l’unificazione degli uomini in un’unica grande famiglia, dai mille volti, attraverso il sogno della ritrovata fraternità, sorgente dell’originalità del Creatore.  Un quadro che può ispirare i colloqui del Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres.

Nella speranza che questi colloqui possano avviare un “dialogo” tra le parti, auspichiamo che tale dialogo possa essere in futuro arricchito  dal coinvolgimento dei rappresentanti delle diverse Religioni. In occasione della Pasqua Ortodossa concludiamo la nostra riflessione riprendendo alcune considerazione scritte in un recente articolo dal Segretario Generale di Religions for Peace, Prof. Azza Karam (https://www.ipsnews.net/2022/04/arrogance-ignorance-war-ukraine-religion-abiding-ethnocentrism/) in cui, facendo  riferimento alla coincidenza della ricorrenza di molte festività religiose in questo mese di Aprile (2) scrive:  “Sicuramente questo è il momento migliore per i credenti per pregare – o per chi ha una sensibilità antireligiosa “per riflettere” sull’origine comune dell’umiltà e della misericordia”.

Che possa questo mese concludersi con l’avvio di un processo che sappia guidare l’umanità intera a collaborare per costruire un futuro di Pace.

Nelida Ancora – UNIAPAC Delegata dialogo ecumenico ed interreligioso

(https://uniapac.org/governance/)

Oreste Bazzichi – Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura

(https://www.sanbonaventuraseraphicum.org/)

La via della pace tra Russia e Ucraina, ci vorrebbe San Francesco

Se San Francesco ritornasse oggi come agirebbe per promuovere il dialogo Russo-Ucraino? Una domanda nata dal ricordo dello storico incontro del frate di Assisi con il sultano d’Egitto al tempo della quinta crociata, 800 anni fa.

 

Era la metà del 1219 quando frate Francesco decise di aggregarsi alla quinta crociata come pellegrino penitente con l’intenzione di raggiungere il Santo Sepolcro a Gerusalemme. Le fonti ci dicono che, una volta sbarcato ad Acri, Francesco si recò a Damietta, sul delta del Nilo, dove da oltre un anno l’esercito cristiano teneva la città sotto assedio. E qui, approfittando di una tregua nei combattimenti, rese visita al sultano d’Egitto Malik al-Kamil, nipote del Saladino, portando con sé un compagno, frate Illuminato da Rieti.

Non sono concordi le fonti storiche circa i motivi che spinsero Francesco verso questo incontro, e non ci sono neppure molti particolari sull’incontro stesso. Ma tutte le fonti concordano nel riferire di un’accoglienza da parte del sultano che nessuno, date le circostanze, avrebbe osato immaginare. Per usare le parole di San Bonaventura da Bagnoregio, “vedendo l’ammirevole fervore di spirito e la virtù dell’uomo di Dio” il sultano non solo evitò di tagliargli la testa, come pare gli avessero raccomandato i suoi consiglieri, ma “lo ascoltò volentieri e lo pregò vivamente di restare presso di lui” (cap.IX, n.8, FF.1174). Non è neppure chiaro quanto tempo Francesco si trattenne nell’accampamento saraceno, se qualche giorno o un mese, ma sappiamo – come riferisce lo scrittore e predicatore Giacomo da Vitry (1165-1240) – che il sultano, prima di congedarsi da Francesco, lo pregò in segreto “di supplicare per lui il Signore perché potesse, dietro divina ispirazione, aderire a quella religione che più piacesse a Dio”. Un’ipotesi tanto verosimile se si pensa all’impegno apostolico di Francesco, che tra l’altro fu il primo santo cristiano durante il Medioevo ad avviare un dialogo con il mondo musulmano. Ed in linea con la sua determinazione a visitare la terra del Signore come pellegrino, pellegrinaggio tentato per ben due volte prima del 1219.

Riflettendo sull’attuale guerra in Ucraina, sulle gravi crisi internazionali in atto, tra queste l’Afghanistan, a noi sembra che stia riemergendo la questione dello scontro – e del confronto – di civiltà e religioni, e che confermino le parole profetiche di Papa Francesco pronunciate per la prima volta nel 2014 “Siamo entrati nella Terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli”. In questa prospettiva mondiale possiamo dire che la guerra Russia-Ucraina abbia rivelato le molte criticità del nostro vivere come comunità mondiale, comunità di popoli, offrendoci, forse, una grande opportunità storica: quella di scoprire il valore dell’incontro, del diverso, del dialogo e del “cooperare” insieme per aprire l’umanità tutta ad un futuro di Pace e Sviluppo.

Questo è il senso del richiamo a San Francesco, al suo incontro con il “diverso”, piuttosto che rassegnarci ad affrontare una guerra per difendere il paradigma del passato che probabilmente la storia ha già superato. Da qui la nostra profonda convinzione che in questo tempo ci vorrebbe un altro san Francesco!

Un “qualcuno” che come san Francesco, non temendo diversità culturali, religiose, di modelli di sviluppo andrebbe incontro al “diverso”, non nemico, un “qualcuno” in grado di aprire un dialogo guardando al cuore dell’uomo ed all’umanità del popolo che egli rappresenta. Un dialogo che richiamasse Dio, Essere o spirito trascendente che superando tutte le diversità ci rende “fratelli”.

Francesco di Assisi, il fratello più amato e universale, ci insegnerebbe la strategia del dialogo paziente e perseverante, intelligente e concreto, a tutti i costi, per amore della pace e della riconciliazione. Un dialogo che è scuola di ascolto e comprensione, che insegni a conoscere, rispettare ed amare le diversità e capace di superare tutte le paure.

Quella di Francesco fu una missione di pace, nel senso autentico del termine, per ottenere con la diplomazia dell’empatia (entrare nel cuore dell’altro) ciò che i crociati non erano riusciti a ottenere con le armi. Lo scopo di Francesco non era di convertire il sultano, come sostenuto da alcune fonti storiche, ma di avviare una trattativa per ottenere qualcosa di importante: la pace. Su quest’ultimo punto la storiografia francescana scrive che per Francesco “il gran bene consisteva nell’assicurarsi da parte del sultano il permesso per sé, per i suoi frati, e ovviamente per tutti i pellegrini cristiani che si erano uniti alla crociata con il sogno di poter visitare la Terra Santa, di potervi andare senza pagare tributi (il cui versamento era vietato dalla Chiesa nel tempo della crociata), o, peggio, senza essere costretti a prestare servizio armato nell’esercito crociato” (Francesco nei cronisti della V Crociata, FF 2690-2691)

Ecco dunque lo scopo immediato della missione, il motivo dell’incontro con il sultano; il cui esito, dal momento che i due frati erano rientrati sani e salvi all’accampamento crociato, non poteva che essere stato positivo. È lecito comunque pensare che durante l’incontro di Damietta Francesco e il sultano abbiano discusso la futura presenza francescana in Terra Santa; e che taluni degli eventi che seguirono siano stati in qualche modo preparati da quella conversazione. La missione apostolica dei francescani in Terra Santa poté infatti iniziare negli anni successivi, nonostante i continui scontri tra cristiani e musulmani. E anche dopo la caduta dell’ultimo bastione crociato di Acri, nel 1291, i frati minori continuarono la loro presenza in Terra Santa, dove oggi alla Custodia di Terra Santa sono affidati 74 santuari, tra cui il Santo Sepolcro a Gerusalemme, la chiesa della Natività a Betlemme e quella dell’Annunciazione a Nazareth. Un dato che da solo basterebbe a descrivere la lungimiranza di Francesco e la sua capacità di stare sempre avanti rispetto allo spirito del suo tempo. Che i santi vedano più lontano degli statisti potrebbe quindi essere la morale di questa pagina che abbiamo scritto di storia francescana; che poi è un po’ il senso del titolo: oggi ci vorrebbe un san Francesco!

Sono passati oltre 800 anni dal tempo di San Francesco ma lo spirito dell’incontro e del dialogo è sempre vivo e presente nel cuore di molte donne ed uomini dell’intera comunità mondiale, la domanda è come farlo partecipe ed attore nell’attuale crisi. Lo scorso agosto in occasione della crisi Afghana, prendendo spunto da un famoso quadro ispirato dalle prediche del francescano San Bernardino da Siena, l’Allegoria del Buon Governo di Lorenzo Ambrogetti (1338) in un articolo segnalavamo la necessità di riconoscere il ruolo dei rappresentanti religiosi quali partners necessari nei dialoghi di pace volti non solo a far tacere le armi, ad una tregua, bensì ad attivare autentici processi di sviluppo. Da qui la proposta di un nuovo obiettivo di sviluppo SDG 18 al fine di riconoscere (legittimare) il ruolo dei rappresentanti religiosi quali partners per la realizzazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. La crisi umanitaria in Afghanistan, il valore della pace e la necessaria cooperazione tra le religioni). Ci ha sorpreso ritrovare il senso e lo spirito di questa riflessione nel messaggio di Papa Giovanni Paolo II in occasione della XV giornata mondiale della Pace (1gennaio 1982) “La Pace, dono di Dio affidato agli uomini” (clicca qui).

Ecco le sue parole: (n.5) Se la pace è un dono, l’uomo non è mai dispensato dalla responsabilità di ricercarla e di sforzarsi di stabilirla con impegno personale e comunitario lungo tutto il corso della storia. Il dono divino della pace, dunque, è sempre anche una conquista ed una realizzazione umana, perché esso è proposto all’uomo per essere accolto liberamente ed attuato progressivamente mediante la sua volontà creatrice. D’altra parte, la Provvidenza, nel suo amore per l’uomo, non lo abbandona mai, ma lo sospinge o lo conduce misteriosamente, anche nelle ore più oscure della storia, lungo il sentiero della pace. Le difficoltà, le delusioni e le tragedie del passato e del presente devono appunto essere meditate come lezioni provvidenziali, dalle quali spetta agli uomini ricavare la saggezza necessaria per aprire nuove strade, più razionali e più coraggiose, al fine di costruire la pace. Il riferimento alla Verità divina dona all’uomo l’ideale e le energie necessarie per superare le situazioni di ingiustizia, per liberarsi dalle ideologie di potenza e di dominio, per intraprende un cammino di vera fraternità universale. I cristiani, fedeli a Cristo che ha predicato il «Vangelo della pace» e che ha fondato la pace nei cuori riconciliandoli con Dio, hanno – come sottolineerò alla fine del presente Messaggio – dei motivi ancora più decisivi per riguardare la pace come un dono di Dio e per contribuire coraggiosamente alla sua instaurazione in questo mondo, nella misura stessa in cui ne desiderano il totale compimento nel Regno di Dio. Ed essi sanno di essere invitati a unire i loro sforzi a quelli dei credenti di altre religioni, che denunciano instancabilmente l’odio e la guerra e che – per vie diverse – si impegnano a promuovere la giustizia e la pace. In queste ultime parole troviamo la risposta alla nostra domanda: forse sta proprio a noi cristiani promuovere iniziative di pace in collaborazione con i credenti di altre religioni!

Nelida Ancora – UNIAPAC Delegata dialogo ecumenico ed interreligioso (https://uniapac.org/governance/)

Oreste Bazzichi – Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura (https://www.sanbonaventuraseraphicum.org/)

“Dalla notizia all’impegno, è tempo di Pace”

http://www.lametino.it/Cultura/nelida-ancora-ucid-qdalla-notizia-allimpegno-e-tempo-di-paceq.html

Lamezia Terme – Da tempo in Siria è in atto un’atroce guerra che si consuma nella indifferenza dei mezzi di comunicazione e, conseguentemente, dell’opinione pubblica. Di fronte a tante morti e ad uno scenario estremo di disperazione noi popolo, cittadini, donne e uomini di buona volontà dobbiamo chiederci quale iniziativa intraprendere per dare forza a coloro sulle cui spalle pesa la responsabilità di trasformare questo clima in un vero processo di Pace? Leggi tutto ““Dalla notizia all’impegno, è tempo di Pace””

Dove stiamo andando?

Un nuovo governo, un primo tentativo di riconciliazione, riuscirà a superare le intemperie di una società in profondo “movimento”. Verso dove? Questo è il punto, non è ancora chiara la direzione. Tiepidi annunci, per affrontare un mare in burrasca occorre certamente un ottimo capitano ma occorre soprattutto una squadra coesa, un comune sentire………………….questo fa pensare

Fondazione Roma: Un Modello Italiano per il welfare. L’orizzonte dei beni di comunità

Riformulare il sistema di welfare attraverso la valorizzazione dei corpi intermedi della società civile e le risorse dei territori.
Per arrivare a costruire una rete di protezione sociale secondo un modello comunitario che punti sull’integrazione tra le politiche sociali, sanitarie, dell’istruzione, del lavoro, e su forme di coordinamento e cooperazione tra tutti gli attori:Stato, enti pubblici territoriali, enti non profit ed imprese profit.

Programma: http://www.fondazioneroma.it/it/1374.html

Comunicato stampa: http://www.fondazioneroma.it/documenti/CS_welfare2020_1.pdf

Papa Francesco: un’esortazione ad avere più coraggio

Pubblicato Venerdì, 22 Marzo 2013 12:15
Scritto da Nelida Ancora
“Ho molto da imparare da Francesco”. Queste le parole pronunciate dall’Arcivescovo Justin Welby, primate della Comunione anglicana , in risposta al messaggio di auguri e di reciproca preghiera inviata da Papa Francesco in occasione della cerimonia di Intronizzazione nella Cattedrale di Canterbury, il 21 marzo u.s.
Il primate anglicano intervistato da Radio vaticana ha parlato con umiltà e ammirazione del nuovo Pontefice, soffermandosi in particolare sul Magistero sociale della Chiesa cattolica: “un patrimonio da cui partire per rafforzare il dialogo con la Comunione anglicana, su temi come la giustizia, la pace, l’ambiente, e che dovrebbe essere riscoperto anche dagli stessi cattolici”.

Le responsabilità dei cattolici per superare la crisi

http://www.lamezianuova.it/index.php/movimenti-e-associazioni/406-le-responsabilita-dei-cattolici-per-superare-la-crisi.html

Pubblicato Mercoledì, 13 Marzo 2013 16:03

Scritto da Nelida Ancora

crisiÈ  molto difficile poter aggiungere qualcosa di nuovo ai molteplici commenti e dibattiti che seguiamo, ascoltiamo quotidianamente sulla situazione politico-istituzionale, alquanto confusa, creatasi in Italia dopo il voto del 24-25 febbraio u.s.

Tra le tante questioni dibattute e rimaste ancora aperte nel nostro Paese vi è quella relativa al contributo dei cattolici in politica, per ritrovare la “via” della rinascita del Paese. Leggi tutto “Le responsabilità dei cattolici per superare la crisi”

L’Italia e l’eredità di Benedetto XVI

Benedetto XVI oggi non è più Papa. Come ci si sente quando si è senza Pastore? Come mi sento?  Il Suo Pontificato per me ha rappresentato una profonda esperienza di vita spirituale e culturale che ha dato forma e sostanza alle mie intuizioni di fede. Con il suo appello “ad una nuova generazione di cattolici impegnati in politica”  ha  legittimato il mio sentire una vocazione “politica” quale espressione del mio essere cristiano, cattolico, liberandomi da dubbi e tormenti vissuti in tutti quei lunghi anni in cui all’interno del mondo cattolico c’era quasi un divieto a parlare di impegno politico. Anni di profonda sofferenza, anni in cui il mio amore per il prossimo, ragionato ed elaborato ai fini della costruzione del “bene comune” , non trovava luoghi di condivisione, di espressione, di comunione.

Anni di solitudine, un lungo deserto fino a quando nel settembre 2008 in Sardegna Benedetto XVI parlò di “impegno dei cattolici in politica”, un primo chiaro monito seguito dall’Enciclica Caritas in Veritate , un pensiero “alto” a cui attingere per trovare la “via” per affrontare la sfida della globalizzazione, l’attuale crisi antropologica, non meramente economica-finanziaria.

Non dobbiamo sentirci orfani di Padre bensì figli di un grande Amore ed eredi  di una enorme patrimonio spirituale e culturale da cui poter attingere  per elaborare una nuova visione “politica” per il futuro del nostro Paese, la visione di una Italia unita, cosciente della propria vocazione europea e missione universale

Nelida

Il risveglio di Lamezia Terme, una speranza per la Calabria

Ieri, 9 agosto,  il prefetto di Catanzaro Antonio Reppucci, ha convocato il comitato per l’ordine e la sicurezza nel salone del
municipio a Lamezia Terme. Ha dichiarato: “Siamo in guerra!” ed ha rivolto  un appello ai lametini, per una presa di coscienza, una assunzione di responsabilità “comunitaria”
http://www.lametino.it/Ultime/lamezia-comitato-per-lordine-e-la-sicurezza-reppucci-siamo-in-guerra.html

La Chiesa lametina da tempo ha avviato un lavoro responsabile, un lavoro silenzioso, senza grande clamore, nel tentativo di porre un argine all’emergenze, non ultima quella del lavoro, la emergenza della disoccupazione giovanile. Un impegno, un progetto: una scuola euromediterranea di Dottrina Sociale della Chiesa volta a creare una sana cultura imprenditoriale, a ceare  “lavoro” innovativo e competitivo.

Un umile contributo per un  ‘”autentico” sviluppo di Lamezia Terme, della Calabria, del Sud Italia.

10 agosto 2012