Cattolici e politica. Il filo d’Arianna per uscire dalla crisi

Molti gli stimoli suscitati dai  vari dibattiti ed approfondimenti presentati e pubblicati in queste settimane a commento dell’incalzante crisi culturale, sociale, politica ed economica che sta attraversando l’Italia, non è facile seguirli tutti con attenzione, una estenuante gara alla ricerca del “filo d’Arianna”  per trovare l’uscita dal labirinto in cui ci troviamo.

In un mondo così complesso è difficile definire un ordine di priorità, così rispondendo alle ragioni del mio cuore, due gli argomenti che suscitano il mio personale interesse:  il dibattito sul contributo dei cattolici al rinnovamento della politica e “la questione settentrionale”, che consente di far emergere dagli abissi la  “questione meridionale”, completamente dimenticata.

In riferimento al primo punto vorrei ricordare le parole del Vangelo di oggi (domenica 8 luglio 2012)  San Paolo Corinti, 12,7-10: ”…………. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte.”

Parole che consentono, a mio avviso,  di centrare il vero problema di come noi, cristiani, cattolici italiani, potremmo contribuire al bene comune,  e quindi all’ “autentico sviluppo”(Caritas in Veritate, 79) del nostro Paese.

La complessità storica che stiamo vivendo come umanità  non credo che indichi tra le priorità da affrontare nel nostro Paese l’organizzazione di un partito cattolico, fa emergere piuttosto la necessità e l’urgenza di una proposta “politica” in grado di  aprire la porta della speranza nel futuro, colmando così un insostenibile vuoto politico. Questa è la vera chiamata a cui la comunità cristiana deve rispondere, non per opportunità politica, bensì per coerenza di Fede.

Dovremmo impegnarci nella elaborazione di una visione per il futuro del nostro Paese, frutto dell’incarnazione della speranza cristiana, con la consapevolezza della nostra debolezza e la certezza della potenza della grazia di Cristo. (“Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” San Paolo, Cor, 12, 7-12)

Riprendo e condivido  quanto scritto qualche giorno fa in un articolo  da Giuseppe De Rita e Luca Diotallevi (Corriere della sera 28 giugno 2012), una acuta analisi della realtà e della sua complessità,  in cui si evidenzia come la cultura dell’interesse generale sia di fatto superata dalla cultura del bene comune, segnando così il passaggio  dalla polis, centrata sulla sintesi di interessi,  alla civitas, in cui gli interessi sono inter-essi ( rete e reti di rete).

E’ in questa sfida della costruzione della nuova civitas , con una logica inclusiva, che si colloca il vero contributo politico dei cattolici, innanzitutto “culturale”: “E’ su quella  strada, di maturazione di una cultura politica che stia dentro e non sopra la società e la sua evoluzione, che il mondo cattolico deve proseguire”.

Costruire una nuova “civitas” che sappia coniugare le potenzialità dei territori con le direttrici dettate dalla globalizzazione ci consentirà di riscoprire la vocazione “universale”, vera essenza, della cristianità.

Forse la nostra società, e quindi il nostro sistema, da troppo tempo ha tolto le lenti per vedere lontano, rinchiudendosi in un crescente localismo che ha gradualmente eroso la capacità di “vedere” nuove prospettive di sviluppo per il futuro.

Frutto evidente di questa conclamata miopia “storica” è  il presentare  oggi come priorità del Paese la sola questione settentrionale dimenticando, o meglio rimuovendo,  la questione meridionale, parte integrante dello stesso problema e quindi della soluzione.

È responsabilità dei cattolici “correggere questa miopia” promuovendo con competenza e visione  un costruttivo dialogo tra il Nord ed il Sud d’Italia. Un dialogo per ritrovare e consolidare le ragioni dello stare insieme, di sentirsi popolo e parte integrante di una comunità internazionale.

Il mettere a sistema la nostra capacità di creare reti, di creare relazioni e la nostra naturale vocazione universale è il filo d’Arianna per uscire dalla crisi ed aprirci ad un futuro ispirato a quei valori di pace e giustizia offuscati dalla attualità storica.

http://www.ladiscussione.com/politica/in-primo-piano/4116-cattolici-e-politica-ecco-il-filo-di-arianna-per-uscire-dalla-crisi-che-attanaglia-il-paese.html

8 luglio 2012                                                                                      Nelida Ancora

Un commento su “Cattolici e politica. Il filo d’Arianna per uscire dalla crisi”

  1. Cara Nelida,
    condivido in pieno la tua riflessione sulla grave situazione politica, sociale ed economica che il nostro Paese sta attraversando. Hai ragione: i cattolici devono urgentemente elaborare una vera e propria cultura cattolica, accompagnata da una offerta politica chiara e convincente. Non possiamo più accontentarci di deleghe e compromessi. Occorre, come ha auspicato Benedetto XVI, “una generazione nuova di cattolici che avvertano la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l’agire politico”.
    Il problema è serio: pensare ad un’economia che metta al centro la “persona umana”, che sappia togliersi edi dosso la patina di egoismo e concentrarsi sull’altro é frutto di un cammino di vita
    e di novità interiore. Ma senza la novità del cuore la società non cambia, tendiamo a fermarci soprattutto quando si tratta di rinunciare a se stessi. Mi domando anch’io come te: perchè non si riesce ad uscire da questa visione socio-economica, che dà più importanza alla finanza che alle imprese che producono beni e servizi? Non ce ne accorgiamo, ma da oltre un decennio stiamo assolutizzando il concetto di profitto e di utilitarismo, ed abbiamo dismesso i concetti di “reciprocità”, “fraternità”, “dono”. Credimi: in certe tue espressioni ho ritrovato concetti tonioliani circa la necessità, per il bene del nostro Paese, di una presenza dei cattolici, nel sociale, e nel politico, coraggiosa, chiara , incisiva, unitaria, fondata, teologicamente, sull’inscindibile rapporto tra fede e ragione e, socialmente, sul dovere della solidarietà.
    Oreste

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