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martedì 4 agosto 2015
di Nelida Ancora
In questi giorni si torna a parlare di Sud e del SUD grazie alla SVIMEZ che il 30 luglio 2015 ha presentato a Roma le anticipazioni del Rapporto SVIMEZ sull’economia del Mezzogiorno 2015.
Il quadro emerso dai dati rende bene l’idea che siamo di fronte ad una emergenza nazionale, non alla criticità di un’area del Paese.
Ecco alcuni dati: (Per chi volesse approfondire cfr. www.svimez.it)
•Per il settimo anno consecutivo Pil del Mezzogiorno ancora negativo.
•Nel 2014 quasi il 62% dei meridionali ha guadagnato meno di 12mila euro annui.
•Negli anni di crisi 2008-2014 i consumi delle famiglie meridionali sono crollati quasi del 13% e gli investimenti nell’industria scesi del 59%.
•In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2014 è sceso al 53,7%, un risultato mai registrato dal 2000 in poi. La Regione più ricca è il Trentino Alto Adige, con 37.665 euro, la regione più povera è la Calabria, con 15.807 euro (un divario pari a quasi 22mila euro).
•I consumi continuano a calare al Sud. Significativo e preoccupante il crollo della spesa delle famiglie relativo ai servizi per la cura della persona e le spese per l’istruzione: -18,4% al Sud, oltre tre volte in più rispetto al Centro-Nord (-5,5%). Dal 2000 al 2013, l’Italia è stato il Paese che, in termini di Pil in PPA (potere di acquisto) è cresciuto meno di tutti i paesi dell’area Euro a 18: +20,6% rispetto al +37,3%. Meno della Grecia ( +24% ).
•Negative al Sud nel 2014 anche le esportazioni: -4,8%, che sono cresciute invece nel Centro-Nord (+3%).
•Occupazione: Il Mezzogiorno tra il 2008 ed il 2014 registra una caduta dell’occupazione del 9%, a fronte del -1,4% del Centro-Nord. Nel 2014 occupati al Sud come nel 1977. Nel Sud si concentra il 70% delle perdite determinate dalla crisi. I giovani e il lavoro: una “frattura” senza paragoni in Europa.
•Donne: al Sud lavora solo una giovane su cinque.
•Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174mila nascite, il valore più basso dall’Unità d’Italia. Il Sud nei prossimi anni subirà uno stravolgimento demografico.
•Allarme povertà: una persona su tre a rischio al Sud, una su dieci al Nord.
Senza unirmi ai molteplici ed autorevoli commenti apparsi sulla più qualificata stampa nazionale in questi ultimi giorni dopo le anticipazioni del rapporto SVIMEZ 2015, vorrei cogliere l’occasione per far riflettere come sia necessaria e più che mai opportuna una iniziativa del mondo cattolico per promuovere un nuovo paradigma per la questione meridionale. Un paradigma ispirato da una visione cristiana, per restituire dignità al nostro Sud, periferia italiana ed europea, per promuovere una strategia di sviluppo e non di crescita dell’Italia, creando “lavoro”.
Una proposta declinata dal patrimonio della Dottrina Sociale della Chiesa per far riflettere e comprendere che l’Italia potrà rinascere solo se saprà superare la profonda e storica divisione tra Nord e Sud.
Un nuovo paradigma, che possiamo ritrovare nelle parole, più che mai attuali, scritte da Mons. Nunzio Galantino, Segretario della Conferenza Episcopale Italiana, in una Sua nota pubblicata lo scorso anno nel Rapporto SVIMEZ 2014.
Dopo aver ricordato il lungo e costante impegno profuso dalla Chiesa Italiana verso la questione meridionale negli ultimi 55 anni di storia sul Mezzogiorno d’Italia che una parte del pensiero meridionalista è stato influenzato dalla Dottrina Sociale della Chiesa, Mons. Nunzio Galantino scriveva:
“Le valutazioni contenute nel Rapporto SVIMEZ ancora una volta mettono in evidenza come dopo 50 anni ancora il nostro Paese sia profondamente diviso, una divisione che penalizza tutto il Paese, non solo il Mezzogiorno, una divisione che va superata ponendo le basi per un nuovo sviluppo dell’Italia. Da qui il ripetuto e costante appello della Chiesa Italiana alla responsabilità sia dei rappresentanti istituzionali che di tutti i rappresentanti della società civile. affinché la questione del Mezzogiorno venga posta al centro dell’attenzione come grande questione nazionale.
Una tale visione applicata la nostro Paese impone che per affrontare responsabilmente le varie emergenze sociali, tra cui la mancanza del lavoro, il deficit di politica (“l’aspetto politico ci comprende tutti, anche se non siamo direttamente impegnati in attività politiche”- Noi come cittadini noi come popolo” Card. Jorge M Bergoglio), la crisi economica finanziaria, è necessario ricorrere ad un nuovo paradigma capace di allungare lo sguardo sul Meridione, considerandolo non un problema bensì componente attiva della soluzione.
Papa Francesco nella Evangelii Gaudium invoca la necessità di avviarsi sulla strada della unità, della sussidiarietà per superare le situazioni di conflitto ( EG nn. 234-235: “Il tutto è superiore alla parte. Il tutto è più della parte…. Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi..”)
Un paradigma nuovo per affrontare la questione meridionale, per guardare con realismo l’attuale crisi italiana, il nostro Sud, allargando lo sguardo ed incarnando nella realtà valori “nuovi” ed idee “innovative” (EG n.231: La realtà è più importante dell’idea).
È necessario un nuovo modello di sviluppo per l’Italia, in grado di superare sia la questione meridionale che quella settentrionale in una prospettiva nazionale.
L’Italia è divisa e a noi cattolici la responsabilità di sollecitare e contribuire a rimuovere la storica, ormai insostenibile, divisione del Paese.
Dobbiamo collaborare tutti insieme, società ed istituzioni, per elaborare una strategia nazionale per lo sviluppo integrato, non per la crescita, dell’Italia, un piano che includa il Sud e le sue potenzialità strategiche superando la storica divisione del Paese.
Sviluppo, non mera crescita guidata dal mercato (Papa Francesco- EG 204: “Non possiamo più confidare nelle forze cieche e nella mano invisibile del mercato. La crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica, benché la presupponga, richiede decisioni, programmi, meccanismi e processi specificamente orientati a una migliore distribuzione delle entrate, alla creazione di opportunità di lavoro, a una promozione integrale dei poveri che superi il mero assistenzialismo…….. l’economia non può più ricorrere a rimedi che sono un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività riducendo il mercato del lavoro e creando in tal modo nuovi esclusi.)
Tutti insieme dobbiamo promuovere la collaborazione tra società civile, culturale ed economica, e politica, per la condivisione di una strategia in grado di produrre una conversione culturale ed esistenziale e per dar vita a un vero e proprio rinascimento del nostro Paese, rafforzando in ambito europeo ed internazionale la sua naturale vocazione alla promozione di una cultura di pace.
Ancora una volta anche in questa prospettiva è determinante, considerata la sua vocazione euro mediterranea, il ruolo del nostro Mezzogiorno. I Vescovi italiani hanno ben messo in evidenza questa potenzialità, definendo il Sud un cuore aperto del Mediterraneo e ponte per transitare obiettivi e strategie nuove per un cammino europeo: “Il Mediterraneo rappresenta una vera e propria opzione strategica per il Mezzogiorno e per tutto il Paese inserito nel cammino europeo e aperto al mondo globalizzato”. (“Per un paese solidale. Chiesa Italiana e Mezzogiorno”- (CEI 10 febbraio 2010)
La Chiesa italiana ieri come oggi denuncia all’opinione pubblica l’urgenza con cui va affrontata la fragilità del Mezzogiorno come condizione per la rinascita dell’Italia, ed è impegnata a livello pastorale e culturale con tutte le proprie risorse a contribuire all’avvio di un cammino, frutto di un “nuovo pensiero”, al servizio del “bene comune”.
E’ tempo di agire per i cattolici, gli eventi sociali, economici e politici chiamano ad una assunzione di responsabilità: la elaborazione di un pensiero politico, non partitico, una strategia , una proposta per affrontare l’emergenza sviluppo dell’Italia partendo dal SUD.
Un nuovo modello di sviluppo equo e sostenibile per contribuire alla costruzione di un Nuovo Ordine Mondiale fondato sui valori universali di libertà, giustizia e pace.
Il mondo culturale, accademico, economico, imprenditoriale che opera ispirandosi alla dottrina sociale della Chiesa, ai valori cristiani, non può esimersi da una responsabilità storica: far emergere la dimensione strategica nazionale della marginalità del SUD e trasformarla in opportunità di integrazione euro-mediterranea; promuovendo progetti socio economici volti a qualificare ed ottimizzare l’utilizzo dei fondi europei, attrarre investimenti produttivi, anche esteri, coniugando innovazione tecnologica ed innovazione sociale e promuovendo la cooperazione imprenditoriale tra Nord e Sud etc.
Una proposta nuova ed innovativa che mi piace definire “Economia di pace”, frutto della collaborazione di buone volontà trasformate in forza “civile” di cambiamento.
Ecco le parole di Papa Francesco nell’Enciclica ecologica Laudato Sì : “Tuttavia, non basta che ognuno sia migliore per risolvere una situazione tanto complessa come quella che affronta il mondo attuale. I singoli individui possono perdere la capacità e la libertà di vincere la logica della ragione strumentale e finiscono per soccombere a un consumismo senza etica e senza senso sociale e ambientale. Ai problemi sociali si risponde con reti comunitarie, non con la mera somma di beni individuali: «Le esigenze di quest’opera saranno così immense che le possibilità delle iniziative individuali e la cooperazione dei singoli, individualisticamente formati, non saranno in grado di rispondervi. Sarà necessaria una unione di forze e una unità di contribuzioni”. La conversione ecologica che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento duraturo è anche una conversione comunitaria”. (n. 219)
Un invito, un sogno alimentato dalla speranza cristiana affinché possa divenire il sogno di molti. Un invito affidato alle parole di Mons. Hélder Câmara, famoso Arcivescovo di Recife in via di beatificazione, apostolo delle favelas e profeta del Terzo Mondo: “Se un uomo sogna da solo il suo resta solo un sogno, ma se molti sognano la stessa cosa, il sogno diventa realtà”.
Pubblicato da Solidarietà Popolare a 06:50