Dal Paese fermo al risveglio dell’Italia

 

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23 Ottobre 2013 – Lamezia Terme – Devo ringraziare il Lametino, per avermi sollecitata  a   scrivere, a pensare in modo propositivo. Avevo  bisogno di uno stimolo perché la  dilagante confusione nel nostro Paese,  e nel nostro quotidiano,  che  mi procura una forte  sofferenza personale,  da tempo mi ha predisposta al “silenzio”, ad una attenta riflessione unita ad una costante preghiera affinchè il buon Dio,  in cui credo fermamente, possa regalare un “segno di luce, di speranza”.

Per esprimere lo stato d’animo, direi di molti italiani, richiamo all’attenzione, per chi non l’avesse letto, la lucida analisi e descrizione della  realtà del nostro Paese contenute nelle amare, purtroppo  vere,  parole di Ernesto Galli della Loggia scritte domenica scorsa, 20 ottobre 2013,  nell’editoriale del Corriere della Sera, dal titolo : “Il potere vuoto di un Paese fermo. Il fallimento di una classe dirigente”.

Galli della Loggia scrive: “L’Italia non sta precipitando nell’abisso. Più semplicemente si sta perdendo, sta lentamente disfacendosi… Del sistema politico è inutile dire perché ormai è stato già detto tutto mille volte. I risultati complessivi si vedono…Mai come oggi il Nord e il Sud appaiono come due Nazioni immensamente lontane. …Una volta tanto, però, bisognerà pur parlare di che cosa è stato, e di che cosa è, il capitalismo italiano. Di coloro che negli ultimi vent’anni hanno avuto nelle proprie mani le sorti dell’industria e della finanza del Paese…L’Italia è davvero a una prova storica…Ecco a che cosa dovrebbe servire quella classe dirigente che tanto drammaticamente ci manca: a immaginare una simile realtà. A ripensare l’Italia, dal momento che la nostra crisi è nella sua essenza una crisi d’identità.

Non sappiamo se l’Italia serva ancora a qualcosa…….Abbiamo dunque bisogno di una classe dirigente che…ripensi un ruolo per questo Paese fissando obiettivi, stabilendo priorità e regole nuove: diverse, assai diverse dal passato. Mai come oggi, infatti, abbiamo bisogno di segni coraggiosi di discontinuità, di scommesse audaci sul cambiamento, di gesti di mutamento radicale… Conclude:………………Si tira a campare, con le «larghe intese», questo sì: ma a forza di tirare a campare alla fine si può anche morire”. Ho riportato solo alcuni punti del’editoriale  di Galli della Loggia, invitando alla lettura del testo integrale, perché è un bagno freddo e lucido nella realtà,  un invito a non fermarci in superficie, a riconoscere le vere radici del nostro malessere diffuso. Il problema del nostro Paese non è solo il caos politico e forse anche istituzionale, bensì la perdita di punti di riferimento fondamentali per il vivere civile di una comunità.

Siamo tutti chiamati a contribuire in modo  responsabile,   a costruire la via d’uscita da questo pantano.  L’urgenza dei problemi,  la nostra incapacità di  trovare risposte ai bisogni reali e vitali delle persone, quale quella della mancanza di lavoro, deve spingerci a prendere coscienza che il nuovo, la via che cerchiamo, non necessariamente  passa attraverso  la politica.  Forse dovremmo ritrovarci in uno spazio di libertà per poter tornare a credere che anche il nostro minimo contributo, seppur una semplice goccia, possa rigenerare il “mare”, il mare della vita,  del nostro futuro, della nostra voglia di vivere in pace. Un luogo per “ordinare” i nostri pensieri, riconoscere il vero dal falso, il bene dal male, per recuperare il  senso storico del nostro Paese, del nostro popolo, della nostra missione. Un luogo per riappropriarci del senso logico della vita e – aggiungerei volutamente – etico del nostro vivere, un luogo da cui ripartire per ritrovare la fiducia nel futuro e la direzione per costruirlo. Certamente tanti sono gli elementi che inducono al pessimismo e sconforto ma certamente non può essere vittima di questa rassegnazione chi fermamente ha un credo interiore volto alla costruzione del bene,  che per essere autentico non può che esser “bene comune”.

Possono sembrare parole al vento ma l’appello che Galli della Loggia fa ad una nuova classe dirigente è l’appello rivolto ad ognuno di noi che siamo operativi nei più svariati settori , un invito a fermarci, a guardare con freddezza la realtà,  lontano da passioni e tifoserie,  a reagire, interrompere il nostro stato di rassegnazione, insomma a ripartire da noi , dal nostro quotidiano, un invito ad una “conversione”, non tanto spirituale, che certamente aiuterebbe, ma di prospettiva: non possiamo più tirare a campare, accettare passivamente ciò che non ci appartiene, è giunta l’ora di reagire, un atto di “discontinuità”, il ritrovarci insieme ai nostri vicini, colleghi, amici, per “dialogare”, confrontarci, allargare gli orizzonti, organizzarsi per “partecipare”  alla grande sfida: costruire il nuovo che verrà. Solo insieme andremo lontano e faremo la “differenza”!

Nelida Ancora

 

 

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