Papa Francesco: un’esortazione ad avere più coraggio

Pubblicato Venerdì, 22 Marzo 2013 12:15
Scritto da Nelida Ancora
“Ho molto da imparare da Francesco”. Queste le parole pronunciate dall’Arcivescovo Justin Welby, primate della Comunione anglicana , in risposta al messaggio di auguri e di reciproca preghiera inviata da Papa Francesco in occasione della cerimonia di Intronizzazione nella Cattedrale di Canterbury, il 21 marzo u.s.
Il primate anglicano intervistato da Radio vaticana ha parlato con umiltà e ammirazione del nuovo Pontefice, soffermandosi in particolare sul Magistero sociale della Chiesa cattolica: “un patrimonio da cui partire per rafforzare il dialogo con la Comunione anglicana, su temi come la giustizia, la pace, l’ambiente, e che dovrebbe essere riscoperto anche dagli stessi cattolici”.
“Se mi perdona una piccola critica, voi tutti avete mantenuto l’insegnamento sociale cattolico fin troppo nascosto… E’ uno dei maggiori tesori a cui le Chiese, a livello globale, possono attingere. A cominciare dalla Rerum Novarum, alla fine del XIX secolo, per passare poi dalla notevole evoluzione con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, con grandi ricchezze anche nel periodo precedente, come ad esempio il Concilio Vaticano II. Penso che in questi documenti si possa riconoscere una struttura ponderata circa un approccio al modo in cui dobbiamo pensare l’ordinamento di una società, affinché sappia riflettere gli insegnamenti cristiani, i valori cristiani, l’amore, l’integrità di Gesù Cristo. Credo sia un patrimonio immenso da cui tutta la Chiesa può imparare e credo ci condurrà a una collaborazione molto più stretta, in particolare sugli argomenti prettamente sociali……”
Parole che ci inducono a riflettere, ad avere più “coraggio” , ad “osare di più” come cattolici e soprattutto come cittadini. Un “osare” , un maggior coraggio, un invito rivolto alla responsabilità civica dei cattolici che già sollecitavo nel mio articolo pubblicato qualche ora prima della elezione di Papa Francesco, un invito che oggi rinnovo con forza ricordando le parole con cui il nuovo Papa, dopo l’elezione, si è presentato all’intera comunità cristiana, come Vescovo di Roma, enfatizzando il camminare insieme del “Vescovo e popolo”.
Nella semplicità di queste parole ritroviamo il senso della sfida avviata nella diocesi di Lamezia Terme, l’impegno e lo sforzo di sperimentare, Vescovo e popolo, nuove vie per far fronte all’attuale crisi che giorno dopo giorno mette sempre più in chiara luce quanto noi avevamo denunciato due anni fa: “la mancanza di lavoro”, vera emergenza!
Giuseppe De Rita in un suo articolo sul Corriere della Sera il 22 marzo u.s. richiama la nostra attenzione sul fatto che “l’attuale perturbazione” politica-istituzionale che attraversa l’Italia è effetto della divaricazione tra fare politica alta per poi eventualmente fare consenso in basso, opzione “verticale”, e fare consenso in basso per poi eventualmente fare politica alta, opzione “orizzontale” e dopo una attenta analisi conclude che forse dovremmo cogliere quanto detto da Papa Francesco, “camminiamo Vescovo e popolo”……………………..chiosando: “ma nella laicità del mondo politico non si vedono molti candidati al tentativo di combinare governo e popolo, decisionalità e consenso”!
Un cammino comune “Vescovo e popolo”, questo è quanto, con fatica, stiamo cercando di portare avanti nella diocesi di Lamezia Terme; una modalità, l’incontro tra “opzione verticale ed orizzontale”, per elaborare una proposta, fondata sul Magistero sociale della nostra Chiesa Cattolica, un “metodo” per sperimentare possibili vie di rinascita del nostro Paese, partendo dal Sud, dalla Calabria, l’area maggiormente penalizzata dall’attuale crisi, emarginata dall’attualità politica.
Valorizzare il patrimonio del Magistero sociale della Chiesa, una risposta all’invito rivoltoci dal primate della Comunione anglicana, un contributo all’ecumenismo, una speranza per l’Italia

Un commento su “Papa Francesco: un’esortazione ad avere più coraggio”

  1. Con ritardo rispondo alla tua esortazione, ma credo di essere ancora in tempo, nonostante la necessità di fare presto perchè il Paese brucia, per esprimere alcune riflessioni che il tuo scritto mi ha suscitato. Anzitutto condivido con te l’idea che è ormai giunto il tempo della responsabilità (che richiama all’impegno personale) e della consapevolezza dell’importanza della presenza cattolica nel mondo politico e nella società. Va detto chiaro e tondo, senza paura, che il cristianes deve avere una dimensione pubblica, deve poter dare un contributo significativo all’otganizzazione istituzionale, legislativa, economica della società, altrimenti tra cultura e politica, tra testimonianza di fede e impegno pubblico rimarrà un vuoto incolmabile. Il cristiano non può tacere, non può rinchiudersi nel romitorio, nel chiostro, nel convento, ignorando cosa accade fuori o tirarsene fuori. E’ peccato grave di omissione se non riesce ad orientare nessuna azione pubblica nella comunità politico-sociale. Al di là dei valori cristiani da difendere e da promuovere, i cristiani devono essere pronti ad assumersi impegni pubblici, istituzionali, economici e politici, anche individualdo nuove forme nella relazione tra sistema politico e società e nell’organizzazione della partecipazione politica. Voglio vedere chi mi smentisce su questo punto: è doveroso e necessario il dialogo tra laici e cattolici, ma ci deve essere la consapevolezza che i diritti umani rischiano, senza il cristianesimo, di essere schiacciati sotto il peso del fondamentalismo del relativismo culturale ed etico.
    Su un altro punto concordo con il tuo pensiero: partire dal territorio. Purtroppo è stata ignorata, o meglio, poco evidenziata la valorizzazione che il Concilio Vaticano II aveva dato 50 anni fa alle chiese locali, vero cuore pulsante della fede e del bene comune, dove laici, donne, diaconi permanenti fanno davvero evangelizzazione affrontando povertà, ingiustizie, disuguaglianze. Il clericalismo è deleterio: lo è stato soricamente e lo è oggi. Dobbiamo aiutare Papa Francesco a liberare la Chiesa da un eccesso di istituzioni e burocratizzazione. I preti stessi spesso faticano a riconoscere i laici come interlocutori adulti, come fratelli e non semplicemente come come figli mai cresciuti abbastanza.La Chiesa gerarchica non è incline a cedere spazi al Popolo di Dio, anche perchè quest’ultimo ha adicato, forse per ignoranza, ai suoi diritti-doveri di essere “ecclesia”. Il Concilio aveva dato ai battezzati gli strumenti per sradicarsi dal “pensiero debole”, ma non ha avuto sufficiente coraggio per prendersi delle responsabilità.
    Infine, apprezzo il tuo inossidabile impegno per il bene comune, che parte da un territorio per allargarsi via via in cerchi concentrici fino a coprire l’intera nazione. Sappi però che devi scommettere sui giovani, preparandoli ed incoraggiandoli ad occuparsi del bene comune, a disporsi con atteggiamento di apertura verso il futuro, fatto di opposizione ad ogni compromesso e ad ogni utilitarismo, di visione antropologica cristiana, di valorizzazione della sussidiarietà, della solidarietà e della fraternità, di attenzione allo sviluppo integrale della persona umana. Occorre una classe dirigente competente, autorevole e responsabile, che sappia coniugare etica sociale con etica della vita.
    Spero vivamente che il tuo “sogno” diventi presto realtà.
    Oreste Bazzichi

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